Ella Bernadette Nagy, Le Tiranas, boleras,seguidillas per voce e chitarra. Musica spagnola in una raccolta bergamasca di Johann Simon Mayr, 2023, pp. 186, € 15,00
Tra i maggiori operisti europei tra Sette e Ottocento, dal 1802 maestro di cappella presso la Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo, nonché maestro di Gaetano Donizetti, Johann Simon Mayr (Mendorf-Baviera 1763 – Bergamo 1845) coltivò pure l’interesse per la musica e le canzoni popolari europee, molte delle quali raccolse in copia manoscritta.
Le Tiranas, boleras, seguidillas, contenute nel manoscritto autografo Mayr 226.6 della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, propongono al lettore un affascinante viaggio nel mondo della musica spagnola popolaresca per voce e chitarra. Il codice fa parte della ricca raccolta libraria del musicista bavarese e rispecchia pienamente la molteplicità dei suoi interessi musicali, tra i quali la chitarra, strumento che, a partire dalla fine del Settecento, conobbe un largo utilizzo e che Mayr stesso impiegò in alcune composizioni.
I venti brani contenuti nel manoscritto vengono qui trascritti e analizzati per la prima volta, con uno studio sulle fonti concordanti e sui documenti che attestano il rapporto del compositore con la chitarra e con i chitarristi.
Lorenzo Mascheretti, Rinascimento domenicano. Il Convento dei Santi Stefano e Domenico tra XV e XVI secolo,2020, p. 284, € 15,00.
Quando la notte dell’11 novembre 1561 lo scoppio di una mina rase al suolo il Convento domenicano dei Santi Stefano e Domenico in Bergamo, per far posto alla costruzione delle mura venete, uno dei maggiori centri culturali dell’Italia cinquecentesca scomparve per sempre. Solo un decennio prima, nel 1550, l’umanista Leandro Alberti nella sua Descrittione di tutta Italia ne aveva elogiato la biblioteca – «da annoverare fra le prime librarie d’Europa» – e, negli anni che precedettero la distruzione, la vita della comunità era stata animata da alcuni tra i più fini pensatori dell’Ordine. L’abbattimento del complesso pose fine a questa fortunata stagione, ma non riuscì a cancellarne la memoria: seppure invisibile, il cenobio dei Santi Stefano e Domenico restò un monumento della città. In questo volume Lorenzo Mascheretti ne racconta la storia. Il monumento sopravvive nella tradizione grazie a cronache, documenti, libri e opere d’arte generate nel corso di una vita breve e intensa. «Semplificando al massimo, potremmo dire che per scrivere una storia come questa sono indispensabili la capacità di ricostruirla e il talento di narrarla – scrive Alessandro Rovetta nella Prefazione –. Sul primo versante le pagine del volume si appoggiano sui molti studi che le hanno precedute, dialogando e verificando con acribia filologica e finezza critica, sapendo proporre correzioni e novità con un rispetto e una prudenza non comuni. Il dato più sorprendente è però la narrazione, riuscitissima nella sua impalcatura e nella sua distensione. Senza mai affaticarci nei laboriosi meandri della ricerca, che pur si riconoscono nelle note sempre approfondite e puntuali, il racconto scorre senza mediazioni sui fatti, coinvolgendo protagonisti e luoghi che ci
restituiscono quello che un termine oggi abusato definirebbe ‘il contesto’. Meglio dire, perché è quello che realmente si percepisce, una vita, colta nel suo sviluppo secolare di rapporti e di impegno, che via via ha generato un patrimonio culturale, che a noi materialmente è arrivato per frammenti, ma che la storia, appunto, ci può restituire con un portato più ricco e più fecondo».
Guidotto Prestinari, Canzoniere. Edizione critica del codice Scatola 59, fascicolo 536 (olim X.2) della Biblioteca dell’Accademia Carrara di Bergamo, a cura di Marco Robecchi, 2019, pp. 408, € 15,00.
Lirica amorosa, poesia d’impegno civile, compo-nimenti encomiastici e d’occasione, travestimenti bucolici, laude religiose, scambi ‘per le rime’ con colleghi di vaglia (Gaspare Visconti, Anto-nio Fregoso, Niccolò Leonico, Panfilo Sasso, il giovane Pietro Bembo…): l’edizione critica del manoscritto conservato nella biblioteca dell’Ac-cademia Carrara, opera di un copista di fiducia e in parte autografo, permette ora di meglio deli-neare la quanto mai varia poesia del bergamasco Guidotto Prestinari (1455-1527), dopo gli scritti pionieristici di Giorgio Dilemmi. Maestro di Grammatica, Guidotto fu attivo nel-la vita amministrativa della città e del territorio (fu vicario in Val Brembana); nell’età tormentata delle guerre d’Italia professò la sua fedeltà alla Serenissima anche attraverso i suoi versi, pur se la sua formazione culturale guardava a Milano, alla corte degli Sforza. Questa feconda contraddizione ne caratterizza la fisionomia all’interno della poesia lombarda prebembesca, tra il modello incombente di Petrarca e quello ancora produttivo di Dante. Senza esagerarne il ruolo, non sembra possibile derubricare la figura di Guidotto a quella di un epigono se-condario, a «quel poveretto sgrammaticato» di cui parlava la critica ottocentesca.
Enrico Valseriati, Figli di Ilio. Mitografia e identità civica a Bergamo nel primo Cinquecento, 2017, pp. 182, € 10,00.
A distanza di soli due anni, nel primo Cinquecento, uscirono le prime opere strettamente storiografiche dedicate alle origini e alla storia di Bergamo e del suo territorio: il De origine Orobiorum sive Cenomanorum di Giangrisostomo Zanchi (1531) e il De origine et temporibus urbis Bergomi di Francesco Bellafino (1532). Quest’ultimo – che fu cancelliere della Comunità di bergamo per quarant’anni, esperto di lingue classiche e storiografo ufficiale – pubblicò la sua storia cittadina unitamente alla Agri et Urbis Bergomatis descriptio di Marcantonio Michiel, con lo scopo principale di glorificare i valori più marcatamente civili e municipali. Il libro propone non solo un’aggiornata biografia di Francesco Bellafino, ma anche una lettura critica del suo testo storiografico, partendo dall’analisi dei miti fondativi di Bergamo sostenuti dall’autore e leggendoli alla luce del contesto in cui essi furono promossi per definire i contorni di una nuova identità civica, nata a seguito della ricomposizione del Dominio veneziano dopo i fatti della Lega di Cambrai.
In età veneta uno dei problemi più delicati per tutto il Bergamasco fu quello dell’approvvigionamento di biade. Naturalmente sterile e incapace di sostentarsi con i cereali prodotti sul suo territorio, la provincia dovette costruire sin dalle soglie dell’Età moderna un sistema annonario atipico, basato su un sostanziale libero ingresso dei grani e una completa libertà di circolazione interna. Sviluppò così un apparato di gestione delle derrate poco invasivo rispetto ad altri contesti d’Antico Regime, all’interno del quale giocarono un ruolo cruciale il contrabbando di cereali dal resto della Lombardia e gli approvvigionamenti straordinari di biade in Piemonte, nei territori elvetici e nelle aree marchigiane.
Dario Personeni, “Gaudeant hodie Pergamenses”. Un inedito sermone agiografico relativo a sant’Alessandro martire, patrono di Bergamo, 2016, pp. 146, € 10,00.
Tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del secolo successivo si assiste, in ambito bergamasco, a una notevole produzione di testi agiografici relativi ad alcuni dei santi più antichi di culto strettamente locale. Dietro questa produzione emergono in primis le figure del domenicano Pinamonte da Brembate, autore della Vita sancte Grate, e del francescano Branca da Gandino, che elabora un breve testo sul vescovo Narno e le leggende dei pretesi martiri Asteria, Proiettizio, Giovanni e Giacomo, le cui presunte reliquie vengono portate alla luce proprio in quel periodo. Nell’ambito della Cattedrale di Sant’Alessandro, per la celebrazione liturgica del martire patrono, viene invece redatto un lungo sermone agiografico, nel quale si raccontano diffusamente anche i miracoli avvenuti per sua intercessione. All’edizione e all’analisi di quest’ultimo testo, rimasto finora inedito, sono dedicate le pagine del presente volume, che costituisce un passo ulteriore verso la comprensione critica di un patrimonio letterario di matrice cultuale, a cui per molto tempo non è stato dato il giusto rilievo.
Isabella Seghezzi, Le morti d’amianto nel Bergamasco, 2014,
pp. 108, € 10,00.
La ricerca presentata in questo volume tratta di alcuni casi di morti professionali per amianto verificatisi negli ultimi decenni nella provincia di Bergamo. L’autrice introduce il tema con una ricostruzione storica circa l’utilizzo e la lavorazione di questo minerale altamente nocivo. Segue la descrizione delle patologie correlate all’esposizione professionale ad amianto: una per tutte, il mesotelioma pleurico. Il cuore dell’opera è però rappresentato dai casi, analizzati soprattutto da un punto di vista giurisprudenziale, che riconducono ad alcune importanti realtà lavorative bergamasche tra la metà e la fine del Novecento. Per molto tempo, i lavoratori di queste imprese svolsero attività produttiva a contatto con l’amianto in assenza delle più elementari norme di protezione e rimanendo del tutto ignari della pericolosità delle polveri inalate. Per molti di tali lavoratori la malattia si è presentata tragicamente a chiedere loro il conto di tali colpevoli inadempienze anche dopo molti anni dalla prima esposizione ad amianto. Il volume non ha la presunzione di trattare esaustivamente da un punto di vista giuridico, né tanto meno scientifico, le vicende narrate, ma si propone di descrivere e documentare alla luce dei processi svolti dalla magistratura una realtà che pochi ancor’oggi conoscono. Più note sono le morti d’amianto nel Monferrato (pensiamo al processo Eternit), meno note sono invece le altrettanto drammatiche e non certo isolate morti d’amianto nel Bergamasco, di cui scrive Isabella Seghezzi, dottoranda di ricerca presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo
Francesca Magnoni, Le rendite del vescovo. Tra conservazione e innovazione: i registri dei censi dell’episcopato bergamasco (secoli XIII-XV), 2012, pp. 124, € 10,00.
Diplomi imperiali, donazioni, compravendite, permute documentano sin dall’VIII-IX secolo la formazione del grande patrimonio del vescovo di Bergamo, distribuito in vari luoghi della diocesi. Dopo la trasformazione in signorie, domini territoriali, alla fine del Medioevo fu necessario un grande lavoro negli archivi per ritrovare le carte che attestavano proprietà e diritti del vescovo, e per riorganizzarne la gestione. Vennero così compilati i registri noti come Censuali. A questo lavoro, compiuto da notai e scribi dell’episcopato, e alla conoscenza di quei registri, ci introduce questo studio, che rappresenta una assoluta novità nel panorama degli studi storici locali. A chi può interessare un tale lavoro? Senza dubbio agli storici dell’economia; agli storici locali, interessati alle località di provenienza delle rendite del vescovo, località di valle e del piano; agli storici della ragioneria, per lo studio dell’evoluzione delle pratiche contabili; agli storici del notariato, essendo prevalentemente notai i professionisti ai quali i vescovi affidano la registrazione dei censi. Soprattutto agli storici della Chiesa. I risultati conseguiti dalla Magnoni hanno messo infatti in evidenza un dato: i periodi nei quali si riscontra una più avveduta e aggiornata amministrazione dei beni vescovili coincide con gli episcopati di maggior spicco nella storia della Chiesa di Bergamo anche sotto l’aspetto pastorale e spirituale, vale a dire con gli episcopati dei vescovi Lanfranco Salvetti di Milano (1349-1381) e di Giovanni Barozzi di Venezia (1449-1465).
Italo Mazzoleni Bonaldi – Alessandro Angelo Persico, Libri tra mercato e cultura. Il giovane editore tipografo Paolo Gaffuri nella Bergamo del secondo Ottocento, 2011, pp. 110, € 10,00.
Paolo Gaffuri (1849-1931) è noto per essere stato nel 1983 il fondatore dell’Istituto Italiano d’Arti Grafiche e per aver ideato con Arcangelo Ghisleri e pubblicato presso l’Istituto, a partire dal 1895, la rivista «Emporium», che riscosse un notevole successo internazionale per la novità dei contenuti, la qualità dellla veste grafica, l’importanza data alle immagini, la vastità di orizzonti, implicita nel sottotitolo “Rivista mensile illustrata d’arte letteratura scienze e varietà”.Sul Gaffuri direttore dell’Istituto e su «Emporium» disponiamo di una buona bibliografia.Sono rimasti invece sino ad oggi pressoché sconosciuti gli anni di Gaffuri giovane imprenditore tipografo ed editore. Questo volume cerca di colmare tale lacuna.Grazie ad una attenta analisi di fonti inedite, i due Autori ricostruiscono l’attività di Gaffuri dal momento della sua formazione in qualità di apprendista tipografo presso la ditta Pagnoncelli a quello dell’inizio e del primo sviluppo della sua attività professionale con la fondazione della ditta “Gaffuri e Gatti”.Emerge in parallelo uno spaccato molto interessante dei gruppi intellettuali attivi a Bergamo all’indomani dell’Unità italiana.